Freefolk & Free Words pt.7

Abdicando le compagnie aeree low-cost sulle quali devo dire che noi del sud diamo il meglio – prima durante e dopo la pandemia non è cambiato granché, appena si atterra è un tutti su appassionatamente.


Evitando di viaggiare in auto perché i costi del carburante sono oramai proibitivi – ché bloccare l’autonomia energetica italica è materia che ci rimanda addirittura agli accordi di Yalta. Non si trova pace neanche in prima classe top.
Caos ovunque. 
Bambini scalmanati ma con lessico forbito, ché l’italiano perfetto è garanzia di rispetto della quiete pubblica.
Genitori e nonni prossimi a soccombere a borse e trolley 70×100 che no, non possono esser messi negli appositi ampi spazi ad inizio carrozza giusto qualche metro distante, no, devono stare “sopra la testa ne” – vorrai mica disfarti del senso del possesso prealessandrino così tra Milano e Reggio Emilia?
Viaggiatrici che raccontano di come con tre cambi arrivano in Calabria e poi per raggiungere i luoghi di destinazione altri tre cambi. Ed io vorrei rassicurarle ricordando loro che è tutto risolto perché ora sono partite le nuove strategie dell’assessorato al Turismo della regione punta dello stivale, che vi sono prove visibili nei mille mila manifesti sparsi per le stazioni e inneggianti il progresso. Ma ho paura, paura perché, nordiche e precise, aggrappate energicamente alla parola sentita pronunciare, potrebbero poi chiamare ai danni per procurato allarmismo.
La signora che mi chiede di scambiare seduta così può alzarsi spesso ed io, la cui sensibilità e gentilezza mi precedono, accetto il posto che solitamente evito perché mi si gela sempre un braccio.
Mi domando, tra una pagina e l’altra del libro che mi accompagnerà lungo tutta la penisola, dove ho sbagliato. In quale punto ho preso la direzione in contraria ostinazione ai segnali supremi, il bivio affrontato distrattamente.
Quale pena espiare. 
In quale lavanderia a gettoni andare a purificare il Karma, reso evidentemente sozzo da ataviche colpe commesse nelle vite precedenti.
Perché, io che amo stare in silenzio, mi ritrovo circondato da un florilegio di parole e suoni costantemente disturbanti?
Dubbi attanagliano la mia mente mentre lo spirito stamattina avverte che si è prossimi, ancora una volta, al completamento di un ciclo e sta per prendere vita qualcosa di nuovo. 
Seppur non riesca a intercettarne le coordinate, avverto prepotente questo senso di “ripartenza”.
Forse sarà solo l’effetto di un’altra stazione, di un’altra 70×100 da sistemare.
Basta, riprendo a leggere, cercando di non ascoltare il Train Manager che ci parla dai diffusori ad un volume da stadio. Il diffusore è sopra di me.

Ma quant’è difficile sottolineare le pagine di un libro sull’alta velocità!?

Fate i bravi
mg

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